Gay.it Forum › Forum › Incontri › Locali LGBT › Della tristezza dell’essere gay
Taggato: orgasmo
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4 Luglio 2020 alle 10:09 #952288soledamorePartecipante
Finalmente una discussione interessante. E’ da molto tempo ormai che parlo, anche in questo sito, della differenza tra gay e omosessuale. Spesso però l’irritazione che provoca questa distinzione, che urta la malafede di esponenti di note organizzazioni che su questa distinzione hanno fatto la loro fortuna, si sfoga in maniera anonima e immatura, sotto forma di uno sciocco trollaggio da parte del solito utente che ormai abbiamo imparato a conoscere tutti.
Preciso pertanto ai nuovi utenti che desautorare l’Arcigay, per esempio, dal ruolo di Promotore Unico dei Diritti del movimento glbt (una promozione che dura da lustri senza alcun risultato concreto) non è un discorso fascista. Lo so, forse è ridicolo fare questa precisazione, ma attribuire l’etichetta di “fascista” a un ragionamento scomodo è il modo più comune da parte di qualche utente (ed anche il più volgare) per deligittimarlo. Del resto, come diceva Flaiano: in Italia i fascisti si dividono in due categorie, fascisti ed antifascisti…4 Luglio 2020 alle 10:28 #952287soledamorePartecipanteFatto il preambolo entriamo nel vivo della discussione. Ho sempre rifiutato il termine gay per definire l’esperienza omosessuale. L’ho trovato sempre un ossimoro rispetto a questa esperienza. C’è poco da essere felici (gay) nell’essere omosessuale.
L’omosessualità è un’esperienza drammatica nei confronti della quale il massimo obiettivo che si può raggiungere è viversela con serenità. Per quanto attraverso la cultura si riesca a decostruire il discorso omofobico a partire già dalla Bibbia e a smascherare la sessuofobia del cattolicesimo, specialmente per un omosessuale italiano che è imbevuto di “visione cristiana della vita” sin dalla fase intrauterina, e continua ad esserne imbevuto direttamente o subdolamente per tutto il corso della sua esistenza, essere gay difficilmente può appagare i desideri della sua coscienza, che in qualche modo proprio perchè imbevuta di spiritualità (una spiritualità che anche se deviata c’è ed occorre indirizzare verso altri obiettivi perchè in sè è una ricchezza) ha desideri che non possono essere ridotti al fallocentrismo o alla superficialità cerebrocorrosiva della società dello spettacolo, con la sua trama avviluppante di falsi miti e bisogni indotti che diventano spesso necessità.
Su questo fallocentrismo, su questa ricerca del Fallo altro da sé, fantasmatico “oggetto A” (maiuscola) sostitutivo del proprio ego frammentato, su questa questua di una parzialità che non sarà mai posseduta perchè è l’intero della nostra non riconosciuta parzialità nella fase dello specchio, si basa il cosiddetto “stile di vita gay”. La causa dell’infelicità del gay è quindi proprio lo stile di vita gay! Prendere consapevolezza di questa verità è il primo passo per vivere con serenità la propria condizione di omosessuale. Il secondo passo è quello di trovare un compagno con il quale condividere la propria affettività elaborando un progetto esistenziale. Questo passo è quello più difficile, perché parlare di progetti esistenziali in questa epoca di deiezione e mercificazione globale risulta quasi incomprensibile.4 Luglio 2020 alle 10:40 #952284soledamorePartecipanteQuindi, più rozzamente: fin quando come “gay” sarò indotto a praticare uno stile di vita basato sulla collezione del maggior numero di cazzi (fallocentrismo), sul consumismo più sfrenato, sul culto dell’esteriorità e della giovinezza, su un fallace concetto di bellezza, sarò sempre infelice. Se non lo sarò subito, lo sarò poi. Le variabili sono rappresentate dall’età, dall’intelligenza, dalla condizione sociale. Ma la costante è una sola: facendo il gay prima o poi si è infelici. Perchè la giovinezza passa per tutti, la bellezza sfiorisce con l’età, con il denaro puoi comprare l’orgasmo ma non il sentimento autentico…banali verità, vere proprio perchè banali.
Se invece attraverso una relazione affettiva basata su un progetto esistenziale do un significato alla mia omosessualità tutto cambia. Tuttavia è molto difficile trovare una persona con la quale costruire un “progetto esistenziale”. Che ovviamente non può ridursi a una prospettiva meramente economicistica ma piuttosto avrebbe necessità, per estrinsecarsi, di un approdo artistico, scientifico, culturale per soddisfare le esigenze più elevate del’anima. Da qui la conseguenza che anche smascherando il fallace stile di vita gay e prendendone le distanze non si raggiunge immediatamente la serenità. Da qui anche la tristezza non solo dell’essere gay, ma dell’essere omosessuale tout court.4 Luglio 2020 alle 10:41 #952281anonymousPartecipante@gay e omosessuale wrote:
@Ospite wrote:
Mi sembra che l’omosessualità sia un pò più vecchia del “Potere Fasciocapitalista”… comunque mi sta bene parlare dell’affettività omosessuale, se non ti va il termine “gay”, visto che io intendo appunto l’affettività tra due maschi attratti uno dall’altro indipendentemente dalla temporalità storica in cui vivano.
Infatti l’omosessualità è antica quanto l’uomo! Il Potere Fasciocapitalista ha creato la figura del gay, non quella dell’omosessuale che è sempre esistita. E ha creato la figura del gay proprio per trarre il massimo profitto, politico ed economico, dall’affettività omosessuale.
Va bene, sostituisci pure “affettività gay” con “affettività omosessuale”…
e allora?
Non è che gli omosessuali siano più tollerati dei gay, al massimo (se la distinzione che fai è sostanzialmente di apparenza, come mi pare di capire) gli omosessuali si camuffano meglio…4 Luglio 2020 alle 10:53 #952282almadellPartecipanteOspite, perché il discorso di Soledamore
possa essere sostenibile lui deve eliminare
la componente dell’omofobia:
il pregiudizio religioso, l’aggressività nazionalista,
la diffidenza eterosessuale e gli ostacoli della famiglia.Deve fingere che essa non esista per poter imputare
l’infelicità degli omosessuali al loro stesso dongiovannismo
e negare che la nostra “sterilità” sia solo un problema legislativo.Probabilmente non è dichiarato in famiglia
e quindi non può farsi carico socialmente
di uno stile di vita alternativo:
quale una convivenza o anche soltanto una reazione
nei confronti dell’omofobia del suo ambiente sociale.4 Luglio 2020 alle 11:33 #952335soledamorePartecipante@almadell wrote:
Ospite, perché il discorso di Soledamore
possa essere sostenibile lui deve eliminare
la componente dell’omofobia:
il pregiudizio religioso, l’aggressività nazionalista,
la diffidenza eterosessuale e gli ostacoli della famiglia.Deve fingere che essa non esista per poter imputare
l’infelicità degli omosessuali al loro stesso dongiovannismo
e negare che la nostra “sterilità” sia solo un problema legislativo.Probabilmente non è dichiarato in famiglia
e quindi non può farsi carico socialmente
di uno stile di vita alternativo:
quale una convivenza o anche soltanto una reazione
nei confronti dell’omofobia del suo ambiente sociale.Almadell, perchè non ti rivolgi a me direttamente e parli di me per interposta persona? Non avere timori, io non mordo (fisicamente)! 😆
Non è molto corretto dal punto di vista delle regole dell’argomentazione cercare di confutare un’opinione andando sul piano personale, traendo peraltro delle conclusioni infondate. L’infelicità del gay non deriva dall’omofobia, è connaturata alla condizione stessa del riconoscersi nello status sociale di gay così come lo è nel riconoscersi omosessuale. Le conseguenze dell’omofobia sono gli insulti e le lesioni personali, non la tristezza della condizione in sè. Confondi le cause con gli effetti. Grave dal punto di vista logico!
Inoltre mi sembra fuoriluogo parlare di dongiovannismo a proposito del fallocentrismo dei gay: il dongiovanissmo comprendeva un concetto di seduzione dell’altro da sè (con differenza di gender) che è assente nel sesso meccanico e compulsivo fatto in una dark room o in una sauna.
E ancora: se uno stile di vita alternativo è quello che consiste nel consumare merci-status, fare vacanze nei luoghi del turismo sessuale, praticare un sesso scadente nei noti luoghi di aggregrazione, fare una vita di coppia sterile che si regge su menzogne e compromessi, sostenere l’Arcigay in attesa di diritti che ci saranno negati sempre fin quando nella galassia della Sinistra ci sarà una componente teodem o “cattosensibile” (nel senso di sensibile agli umori e ai livori delle gerarchie vaticane)…meglio sarebbe rimuovere le proprie pulsioni omosessuali e praticare una rigorosa castità sublimando le proprie attitudini! 😀Per quanto riguarda il discorso personale sull’omofobia: confesso che non ho mai subito un’aggressione omofoba, e nei luoghi di aggregrazione che frequento convivono skin heads e glbt. Mi sono chiesto perchè. La risposta che mi sono dato è che non mi sono mai presentato come gay che ha qualcosa da rivendicare o come omosessuale depresso, ma semplicemente come persona. Mi è capitato di difendere una lesbica dall’aggressione verbale di una persona rozza, anche se la lesbica aveva torto. Così come mi è capitato di difendere dei gay diciamo “eccessivamente provocanti” nell’abbigliamento e nell’atteggiamento da qualche fascistello in overdose ormonale. Cose fatte sempre però ponendomi sul piano di “persona”. Cosa che mi ha assicurato il rispetto e la stima di entrambe le parti.
4 Luglio 2020 alle 14:01 #952336anonymousPartecipante@soledamore wrote:
L’infelicità del gay non deriva dall’omofobia, è connaturata alla condizione stessa del riconoscersi nello status sociale di gay così come lo è nel riconoscersi omosessuale. Le conseguenze dell’omofobia sono gli insulti e le lesioni personali, non la tristezza della condizione in sè.
Allora, visto che mi sembra tu dica che sia i gay sia gli omosessuali sono necessariamente infelici, al contrario di quello che diceva un altro forumista, secondo cui i gay non possono essere felici, gli omosessuali sì, mi viene da domandarti se questa “infelicità connaturata” ci fosse anche in epoche in cui l’omosessualità non era condannata ma addirittura esaltata.
Comunque sia, letto tutto il tuo ragionamento mi sembra che tu stesso ammetta che l’infelicità dei gay e degli omosessuali dipenda da una cultura omofoba, anche se poi lo neghi…
Infatti leggendo tue affermazioni come queste:
“L’omosessualità è un’esperienza drammatica nei confronti della quale il massimo obiettivo che si può raggiungere è viversela con serenità. Per quanto attraverso la cultura si riesca a decostruire il discorso omofobico a partire già dalla Bibbia e a smascherare la sessuofobia del cattolicesimo, specialmente per un omosessuale italiano che è imbevuto di “visione cristiana della vita” sin dalla fase intrauterina”
a me pare di capire che anche per te il problema dell’infelicità omosessuale e gay sia l’omofobia più o meno “intrauterina”…
4 Luglio 2020 alle 14:04 #952337anonymousPartecipante@Ospite wrote:
@soledamore wrote:
L’infelicità del gay non deriva dall’omofobia, è connaturata alla condizione stessa del riconoscersi nello status sociale di gay così come lo è nel riconoscersi omosessuale. Le conseguenze dell’omofobia sono gli insulti e le lesioni personali, non la tristezza della condizione in sè.
Allora, visto che mi sembra tu dica che sia i gay sia gli omosessuali sono necessariamente infelici, al contrario di quello che diceva un altro forumista, secondo cui i gay non possono essere felici, gli omosessuali sì, mi viene da domandarti se questa “infelicità connaturata” ci fosse anche in epoche in cui l’omosessualità non era condannata ma addirittura esaltata.
Comunque sia, letto tutto il tuo ragionamento mi sembra che tu stesso ammetta che l’infelicità dei gay e degli omosessuali dipenda da una cultura omofoba, anche se poi lo neghi…
Infatti leggendo tue affermazioni come queste:
“L’omosessualità è un’esperienza drammatica nei confronti della quale il massimo obiettivo che si può raggiungere è viversela con serenità. Per quanto attraverso la cultura si riesca a decostruire il discorso omofobico a partire già dalla Bibbia e a smascherare la sessuofobia del cattolicesimo, specialmente per un omosessuale italiano che è imbevuto di “visione cristiana della vita” sin dalla fase intrauterina”
a me pare di capire che anche per te il problema dell’infelicità omosessuale e gay sia l’omofobia più o meno “intrauterina”…
Credo che soledamore volesse dire che i gay sono condannati all’infelicità, per gli omosessuali una via di liberazione c’è anche se irta di difficoltà e non alla portata di tutti.
4 Luglio 2020 alle 14:08 #952338anonymousPartecipanteInoltre per quanto riguarda l’omofobia soledamore è molto chiaro: attribuire ad essa l’infelicità del gay o dell’omosessuale è confondere la causa con l’effetto, come ha ben spiegato ad almadeil. Temere l’omofobia significa già essere in quello stato ansiogeno che predispone all’infelicità. L’omofobia la si combatte con uno stile di vita sobrio e discreto, in cui la sessualità e l’affettività si esprimono solo in un luogo privato.
4 Luglio 2020 alle 14:41 #952339anonymousPartecipanteVa bene, va bene, diamo pure per acquisito che il gay sia necessariamente infelice per tutte le implicazioni sessuomaniache ed ideologiche della sua scelta gay e quindi essenzialmente politica.
Però l’omosessuale non gay?
Perché dovrebbe essere infelice, se non per l’omofobia?
4 Luglio 2020 alle 14:50 #952340anonymousPartecipante@Domanda… wrote:
Va bene, va bene, diamo pure per acquisito che il gay sia necessariamente infelice per tutte le implicazioni sessuomaniache ed ideologiche della sua scelta gay e quindi essenzialmente politica.
Però l’omosessuale non gay?
Perché dovrebbe essere infelice, se non per l’omofobia?
Se interpreto bene il pensiero di Soledamore, l’omosessuale non gay potrebbe (non dovrebbe…) essere infelice se non riuscisse a realizzare con un compagno il suo progetto esistenziale. La sua infelicità deriverebbe dalla deiezione (in senso heideggeriano). Ma anche in questo caso, la sua superiore coscienza rispetto a quella del gay, gli darebbe gli strumenti per farsi una ragione di tutto ciò e raggiungere un minimo di serenità.
4 Luglio 2020 alle 15:17 #952341anonymousPartecipante@omoesistenzialista wrote:
@Domanda… wrote:
Va bene, va bene, diamo pure per acquisito che il gay sia necessariamente infelice per tutte le implicazioni sessuomaniache ed ideologiche della sua scelta gay e quindi essenzialmente politica.
Però l’omosessuale non gay?
Perché dovrebbe essere infelice, se non per l’omofobia?
Se interpreto bene il pensiero di Soledamore, l’omosessuale non gay potrebbe (non dovrebbe…) essere infelice se non riuscisse a realizzare con un compagno il suo progetto esistenziale. La sua infelicità deriverebbe dalla deiezione (in senso heideggeriano). Ma anche in questo caso, la sua superiore coscienza rispetto a quella del gay, gli darebbe gli strumenti per farsi una ragione di tutto ciò e raggiungere un minimo di serenità.
Be’ questo potrebbe valere anche per l’eterosessuale… dove starebbe la differenza?
e poi non tutti (omo od etero) hanno il mito del “progetto esistenziale” in coppia…Ci sono quelli che fanno i Dongiovanni, quelli che preferiscono star soli, quelli che….
quanto poi siano felici è da vedere, ma lo stesso vale per quelli che stanno in copia (omo od etero)!4 Luglio 2020 alle 15:23 #952342anonymousPartecipante@Ospite wrote:
Be’ questo potrebbe valere anche per l’eterosessuale… dove starebbe la differenza?
e poi non tutti (omo od etero) hanno il mito del “progetto esistenziale” in coppia…Ci sono quelli che fanno i Dongiovanni, quelli che preferiscono star soli, quelli che….
quanto poi siano felici è da vedere, ma lo stesso vale per quelli che stanno in copia (omo od etero)!“progetto esistenziale” non coincide con vita di coppia. Soledamore parla chiaramente di imprese di carattere artistico o intellettuale. E penso che si riferisca più a Rimbaud e a Verlaine che a Dolce & Gabbana…o forse a entrambe a cui io aggiungerei le altre famose costituite da scrittori e poeti etc oltre a quelle mitiche (che però hanno un fondamento storico) costituite per esempio da Achille e Patroclo…
4 Luglio 2020 alle 15:43 #952343anonymousPartecipante@il progetto esistenziale wrote:
@Ospite wrote:
Be’ questo potrebbe valere anche per l’eterosessuale… dove starebbe la differenza?
e poi non tutti (omo od etero) hanno il mito del “progetto esistenziale” in coppia…Ci sono quelli che fanno i Dongiovanni, quelli che preferiscono star soli, quelli che….
quanto poi siano felici è da vedere, ma lo stesso vale per quelli che stanno in copia (omo od etero)!“progetto esistenziale” non coincide con vita di coppia. Soledamore parla chiaramente di imprese di carattere artistico o intellettuale. E penso che si riferisca più a Rimbaud e a Verlaine che a Dolce & Gabbana…o forse a entrambe a cui io aggiungerei le altre famose costituite da scrittori e poeti etc oltre a quelle mitiche (che però hanno un fondamento storico) costituite per esempio da Achille e Patroclo…
Sì va be’ ma continuo a non capire dove sia la differenza con gli etero sul piano della felicità o dell’infelicità, visto che questo è il tempo del thread…
4 Luglio 2020 alle 15:51 #952344anonymousPartecipante@Continuo a non capire la differenza… wrote:
Sì va be’ ma continuo a non capire dove sia la differenza con gli etero sul piano della felicità o dell’infelicità, visto che questo è il tempo del thread…
Gli etero non c’entrano nulla, ce li hai messi tu…Però è evidente che formare una famiglia (con moglie e figli) per una coppia etero è un progetto esistenziale più che sufficiente. Anche dal semplice punto di vista biologico si tratta di sopravvivenza della specie. Una eventuale famiglia gay con due mammi o due padresse, quandanche venisse riconosciuta e potesse adottare un figlio costruirebbe sempre un progetto sterile che va contro la natura (se l’umanità ponesse questa scelta come modello si estinguerebbe). Quindi l’unico progetto esistenziale che darebbe senso a una coppia omosessuale sarebbe un’impresa artistica, intellettuale, filosofica, economica…non ti sembra?
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