Gay.it Forum › Forum › Incontri › Locali LGBT › Quante tipologie di coppia gay esistono?
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5 Dicembre 2019 alle 3:22 #742546anonymousPartecipante
Questa ricerca fa riferimento solo all’omosessualità maschile. Per quanto riguarda le dinamiche e le tipologie di coppia si sono avviati dei censimenti. L’ultimo è avvenuto nel 2001 e per darvi una spiegazione dettagliata lo schema delle dinamiche da poter approfondire fra due gay avviene questo:
1) Ci si frequenta ( 3giorni < sesso – compatibilità sessuale - )
2) Se tutto va bene ci si fidanza ( 3mesi < amore < – in prova - < 6mesi )
3) Se non si trova armonia si rimane amici ( forse < amicizia < mai ) Parlare di coppie gay nel panorama socio-culturale italiano significa, innanzi tutto, porre l’accento sulle diverse condizioni in cui sono costretti a vivere gli omosessuali. Nelle grandi città settentrionali la vita omosessuale è simile a quella presente in nord Europa e nord America, caratterizzata dalla presenza di una vivace offerta culturale e di un circuito commerciale ben ramificato, composto di locali pubblici il cui accesso è riservato ad una clientela gay e/o lesbica. Nelle regioni meridionali si registrano casi di discriminazione e violenza in numero maggiore rispetto al nord. La deplorazione dei comportamenti omofili, spinge gli uomini gay a vivere relazioni sessuali durature con persone del sesso opposto. Il confine tra le due diverse realtà corre, all’incirca, all’altezza di Roma. E’ possibile parlare d’emigrazione sessuale poiché, in un contesto sociale ostile verso chi non si adegua alle norme sociali, gli omosessuali per vivere serenamente si trovano costretti a migrare verso la capitale o verso le grandi città del nord. Per quanto concerne lo schema delle tipologie della coppia, il censimento gay ha potuto confermare che esistono: a. Coppie Chiuse ( partner in fedeltà assoluta )
b. Coppie Aperte ( partner cornuti consenzienti )
c. Coppie Semichiuse ( infedeltà di un singolo partner )All’interno della coppia gay sono stati considerati il concetto di onore, inteso come caratteristica della mascolinità e della virilità, contrariamente alla vergogna, assunta come perdita di onore e presentata come peculiare dell’identità femminile, cioè il tradimento. La ricerca ha analizzato la relazione esistente con il sistema economico, politico, e di parentela. Considerando che la realtà culturale italiana è intrisa di cattolicesimo, la religione emerge sullo sfondo di questo lavoro. Il tradimento diventa l’evasione, la fuga, il rilassamento. E’ la riaffermazione di un se negato all’interno della coppia, volutamente negato all’interno della coppia. Di fronte ad una rinuncia c’è la possibilità di tradire all’interno della coppia e le corna sono un problema secondario, l’importante è fare sesso sicuro. Possiamo definire come coppia la relazione sentimentale e sessuale tra due persone che perdura da almeno 3mesi. La brevità di questo lasso temporale è determinata dalla difficoltà per le coppie gay di mantenere una relazione stabile dovuta sia ad un modello mancante, sia all’esigua presenza di luoghi dove è possibile incontrarsi. Inoltre, alcuni gay, considerano prioritario un’incontro di tipo sessuale non finalizzato alla ricerca di un partner. Ciò che è ambito, da loro, è il corpo e non l’individuo nella sua totalità. Per accettare una relazione omosessuale bisogna innanzitutto accettare la propria omosessualità! Questa assume un significato preciso nel contesto omofobico italiano, questo passaggio non è così scontato come sembra. Avere un partner dello stesso sesso e vivere la relazione apertamente significa accettare il confronto con il resto della società ed essere preparati a subire il suo giudizio. Una relazione vissuta di nascosto, a lungo andare, può portare a squilibri che inducono il rapporto ad implodere e a porre termine alla relazione. Emerge che la persona che sceglie di avere una relazione di coppia, deve confrontarsi con i valori della famiglia di origine, che già aveva accettato a malincuore l’omosessualità del figlio. Dichiarare di avere un compagno, in alcune situazioni, di viverci insieme, equivale a rivelare ai genitori che la propria omosessualità non è determinata da un malessere giovanile e passeggero ma che essa è un aspetto del proprio essere con cui i parenti dovranno convivere per tutta la vita. Per evitare il confronto con i genitori e con la società tutta, una scelta di comodo è negarsi la possibilità di una relazione di coppia. La rete di amicizie può sostituire il confronto con il partner. E’ possibile definire la coppia gay come l’incontro di due individui indipendenti, ognuno portatore di una propria soggettività, che insieme danno origine ad un terzo soggetto, la coppia. Di fondamentale importanza sono la sua dinamicità, la sua capacità di trasformarsi e di adeguarsi alle situazioni che quotidianamente si presentano. La condizione di precarietà in cui si trovano costrette le coppie omosessuali, determinata dalla mancanza di un’adeguata legislazione a loro tutela, spinge i partner a vivere quotidianamente un rapporto di rispetto e di comprensione l’uno per l’altro. Se non esistesse un modello maschilista predominante, questo comportamento dovrebbe riguardare anche la totalità delle coppie eterosessuali. E le donne vivrebbero affrancate dal ruolo subalterno che rivestono nella società italiana; la relazione non appartiene ad una condizione statica ma a una realtà in continua trasformazione. Le regole di comportamento non si stabiliscono a priori ma si concordano strada facendo, infatti, la coppia si rimodella continuamente. L’attenzione nei confronti del compagno è costante poiché la coppia è considerata precaria. La fragilità della coppia è determinata dalla mancanza di tutele civili e vincoli religiosi, la mancanza di un valore sociale riconosciuto alle relazioni gay può permettere alla coppia di sfaldarsi senza le complicazioni tipiche dei matrimoni eterosessuali. Non bisogna ricorrere agli avvocati, non deve trascorre il tempo tra la separazione ed il divorzio, non bisogna spendere soldi. Nelle situazioni di estrema gravità, il partner deve solo provvedere a farsi la valigia, prendere gli effetti personali ed andarsene. Diversa è la condizione nelle coppie di lunga durata, che sono a tutti gli effetti paragonabili alle coppie etero. Possono subentrare complicazioni legate alla casa ed alle cose comprate insieme nel corso degli anni. Quanto descritto riguarda solo la gestione delle cose materiali, non è intenzione di questa relazione indagare la parte sentimentale. Per contenere la sensazione di precarietà, le coppie gay dialogano molto al loro interno. Il confronto è stato riportato da tutti gli intervistati come importante. La sua utilità è anche quella di appianare e smorzare eventuali tensioni. Nessuno ha mai nominato la parola onore o vergogna. Questi due concetti sono ricondotti a dinamiche relazionali eterosessuali, di cui gli omosessuali non si sentono partecipi. Se per onore intendiamo l’adottare comportamenti che gli altri individui sono disposti a riconoscerci come validi e che sono condivisi, dai quali poi deriva il riconoscimento sociale, nessun soggetto intervistato riconosce come proprio questo valore. La riflessività insita nel concetto di onore, e il suo carattere auto-qualificante, non è ritenuto importante. Può essere presente, in modo attenuato, in relazione ai legami di amicizia. Il concetto di vergogna è totalmente assente. Le persone gay incontrate per tradimento intendono il rapporto al di fuori della coppia cercato con premeditazione. Non rientra in questa categoria il sesso praticato con altri che nasce dalla casualità, che non coinvolge i sentimenti, o che è stato concordato all’interno della coppia stessa. Non è considerato tradimento perché la relazione con l’altro coinvolge solo il corpo, dissociato dalla mente. Il sesso è rappresentato come scambio di emozioni corporali temporanee. E’ de-sacralizzato, depurato dai valori aggiunti dei significati sociali, culturali, religiosi. Il sesso assume la dimensione di attività fisica. Il tradimento è affrontato con il dialogo. Le persone intervistate considerano imperdonabile un tradimento protratto nel tempo di cui non si è parlato all’interno della coppia. Se dovesse presentarsi una situazione di questo tipo, la persona tradita si sentirebbe raggirata. La fiducia tra i due componenti ne uscirebbe incrinata.
Sulla base dei colloqui intercorsi, è possibile dividere le coppie in tre diverse tipologie:a. Alla prima corrisponde una coppia chiusa e monogama, sul modello cattolico di unione eterosessuale. Il rapporto sessuale è vissuto esclusivamente all’interno della coppia e non è ammesso praticarlo con altri.
b. Alla seconda corrisponde una coppia aperta. Le due persone vivono un rapporto sentimentale esclusivo ma si autorizzano eventuali rapporti sessuali al di fuori della relazione. Una variante a questo modello è la coppia che vive il rapporto “extra-coniugale” a tre: loro due più una terza persona (o anche più di tre).. Il sentimento che unisce i due partner non è percepito come in pericolo e non si parla di tradimento. Non c’è atteggiamento competitivo tra i due partner ed il rischio per la coppia può essere determinato dalla possibilità, da parte di uno dei due, di trovare nel terzo una persona più interessante del proprio compagno.Nel rapporto tra una coppia ed, almeno, una terza persona i giochi sessuali tra i partecipanti devono essere ben distribuiti. Non si deve creare un rapporto preferenziale tra i componenti della relazione o tra uno di loro e la terza persona.
c. Alla terza corrisponde la coppia semichiusa nelle intenzioni ma dove i partner praticano il rapporto sessuale con altri senza dichiararselo. Secondo gli intervistati, questo comportamento può essere spiegato con un’accettazione dei valori sociali imposti, che legano indissolubilmente l’amore per una persona con l’esclusiva sessuale e con il possesso dell’altra persona. Non rispettare questa norma è vissuto come una rottura drastica con le dinamiche di accettazione sociale. Potrebbe anche significare che il/i componenti della coppia non si sentono sicuri all’interno del rapporto e lo percepiscono come fragile. Alcune persone riferiscono che l’ammissione da parte di uno dei due partner di avere avuto un rapporto sessuale con altri potrebbe portare ad un comportamento di tradimento a “effetto cascata”. Alla luce di quanto emerso, quando capita l’occasione giusta, i componenti della coppia vivono la relazione sessuale sperando di non essere scoperti.Una condizione comune e imposta in tutte le relazioni, anche tra quelle monogame, è che, nell’interazione sessuale con un altro, il partner non deve farsi fare cose che non si farebbe fare anche dal proprio compagno. Un’altra limitazione, voluta dai partner, è che il sesso occasionale non deve essere praticato nello stesso letto dove si dorme insieme. Se, per un impulso incontrollabile, ciò dovesse accadere, si dovrà provvedere a sostituire le lenzuola e le federe copri-cuscino con altre lavate. Tutti gli intervistati sottolineano l’importanza di praticare sesso sicuro e protetto dal profilattico nei rapporti con altri. Questo atteggiamento dimostra come la comunità gay abbia interiorizzato il pericolo derivante dalle malattie a trasmissione sessuale. La condizione sierologica delle coppie è eterogenea: abbiamo coppie dove entrambi i compagni sono sieronegativi, altre con i due componenti sieropositivi e, una terza, composta da partner siero-discordanti (uno è sieropositivo e l’altro sieronegativo). La condizione sierologia è riferita al virus dell’immuno-deficienza umana H.I.V. E’ diventato un luogo comune sostenere che l’AIDS ha portato le persone gay a cercare il rapporto stabile e monogamo. Le persone praticano due diversi tipi di convivenza:
La prima è una convivenza che potremmo definire classica. Essa consiste nel vivere insieme in una sola abitazione. Questa soluzione comporta un notevole risparmio di soldi e una gestione razionale del proprio tempo poiché tutti gli oggetti personali dei partner si trovano nella stessa casa.
La seconda, ed è la forma che interessa la maggioranza degli intervistati, vive una situazione di coppia e di convivenza ma in due case diverse. Possiamo definirla convivenza a tutti gli effetti perché le persone dormono e svolgono le pratiche quotidiane insieme alternandosi prima nell’appartamento di un partner e successivamente in quello dell’altro. La durata della permanenza in una casa è determinata dalla casualità o dagli impegni di ogni singolo componente, come ad esempio, finire dei lavori al proprio computer, prendere dei libri, bagnare le piante, rifornirsi di indumenti e biancheria.Sono state date diverse spiegazioni a giustificazione di questo modo di convivere. Una e legata all’assenza di un riconoscimento giuridico delle coppie gay. Il partner che all’inizio della convivenza abbandona il proprio appartamento per recarsi in quello del compagno, nel caso in cui la relazione dovesse terminare, si ritroverebbe senza una casa dove vivere e senza nessuna tutela. Le persone hanno, così, bisogno di crearsi una sicurezza, raggiungibile attraverso il mantenimento della propria abitazione. Questa soluzione comporta costi maggiori perché bisogna pagare due canoni di locazione o due mutui, bisogna spostarsi per raggiungere le due case, significa avere doppio arredamento, doppi casalinghi, doppie spese condominiali, ecc… Bisogna avere anche più tempo e più energie a disposizione per interessarsi attivamente agli appartamenti. Un’altra ragione addotta per spiegare il mantenimento di due case separate è che a Milano gli appartamenti, che la coppia potrebbe permettersi di pagare, sono troppo piccoli. I partner si sentirebbero privati del loro spazio vitale. Inoltre è stata riportata una posizione di comodo: quando ci si sente stretti nel rapporto a due, si migra da soli per qualche giorno nel proprio appartamento, giustificandosi con ragioni banali. Vorrei ricordare che alle persone intervistate è possibile mantenere due appartamenti perché possiedono un reddito medio alto. Se così non fosse stato, tutti riferiscono che avrebbero optato per la convivenza congiunta. All’interno della casa formalmente non esistono luoghi di maggiore pertinenza di un componente della coppia. Esistono interessi diversi tra le persone che le porta ad occuparsi di compiti diversi. C’è chi passa più tempo al computer e chi si occupa di manutenzione dell’appartamento. E’ stato riferito che sono pochi i momenti in cui l’occupazione di uno spazio o l’utilizzo di un oggetto interessa entrambi. Quando questa situazione si presenta si media basandosi sul criterio di priorità. Per quanto riguarda la gestione della quotidianità si ricorre a regole, spesso esplicitate, che si rifanno alle preferenze personali. Chi cucina non lava i piatti e la pulizia della casa è eseguita da entrambi. La spesa al supermercato è eseguita da entrambi sia insieme, sia in momenti separati. Le regole non sono rigide ma variano in base agli impegni personali. Per quanto concerne la vita sociale e culturale, la frequentazione di cinema, teatro, conferenze e amicizie avviene sia in forma congiunta sia separatamente. La coppia ha in prevalenza amicizie in comune.
All’interno delle coppie esaminate si osservano atteggiamenti diversi in relazione alla gestione del patrimonio monetario ed immobiliare. Alcune coppie praticano la comunione dei beni. Lo stipendio di entrambi è messo a disposizione dei partner ed in caso di acquisto della casa, questa è co-intestata. In mancanza di una legislazione che tuteli i conviventi, la percentuale di proprietà è registrata al momento dell’acquisto, come le altre le singole proprietà di valore di uno dei partner. Questo accorgimento è utilizzato per evitare che in caso di separazione nascano dei conflitti. Uguale accorgimento è utilizzato in caso di attività professionale in comune. Altre coppie ricorrono a conti bancari separati con, in aggiunta, un conto comune dove depositare i soldi da utilizzare per la gestione della quotidianità. I partner mantengono separata la proprietà degli oggetti presenti in casa. Una variante è avere una gestione delle risorse completamente separata ma dove entrambi concorrono al pagamento delle spese comuni, senza il conto bancario co-intestato. Tutte le persone contattate hanno posto l’accento sull’esiguità dell’importanza riconosciuta al denaro all’interno della coppia, anche se bisogna rilevare che si tratta di relazioni in cui entrambi i partner svolgono un’attività professionale che li rende indipendenti economicamente. Per tutti è valida la regola del “mutuo soccorso”. Quando il compagno si trova in una situazione di difficoltà economica, l’altro è pronto ad intervenire in suo aiuto. In mancanza di una legislatura adeguata, le persone sperimentano forme di autotutela per evitare che, in caso di morte di uno dei membri della relazione, la famiglia di origine si impossessi dei beni acquistati insieme nel corso di una vita o che si impossessi dei risparmi comuni. E’ possibile ricorrere al testamento olografo o ad una dichiarazione notarile. Le persone hanno dichiarato che se anche in Italia fosse possibile registrare civilmente la propria unione, sul modello del Pacs francese (Patto Civile di Solidarietà), vi ricorrerebbero. Questa scelta non è determinata dal desiderio di essere accettati socialmente ma dall’esigenza di sentirsi tutelati.
Dai colloqui emerge che per le famiglie del nord Italia è più facile accettare l’omosessualità del figlio. Le stesse persone omosessuali frequentano con il proprio compagno la famiglia di origine. Per la maggioranza dei gay del sud trapiantati a Milano appare impossibile parlare ai propri genitori della loro relazione di coppia. E’ stato riportato che anche in presenza di una evidente relazione tra il figlio ed il suo compagno, la famiglia continua a relazionarsi con il partner come se fosse un semplice amico. All’interno delle relazioni accettate dalla famiglia, i genitori o i parenti più prossimi chiamano il compagno del figlio con il nome anagrafico. I componenti della relazione gay chiamano il loro compagno con il nome anagrafico nelle situazioni ufficiali, esempio in presenza dei genitori o di persone con le quali non c’è confidenza, mentre con i colleghi di lavoro o in situazioni più amicali si utilizzano espressioni del tipo il mio compagno, il mio partner, il mio fidanzato. Tra amici ed in situazioni informali si utilizzano termini quali mio marito, la mia marita, il mio compagno, il mio fidanzato , la mia fidanzata, mia moglie. E’ interessante notare l’uso del pronome possessivo, come a volere sottolineare l’unione con l’altro. Possiamo interpretarlo anche come sopravvivenza di un costume che lega il sentimento per una persona al suo possesso. Dai nipoti, i componenti della coppia sono chiamati entrambi zio oppure è chiamato zio solo quello biologico ed al compagno si riserva l’uso del nome anagrafico aggiungendo “l’amico di mio zio” (es. zio Luigi e Gino, l’amico di mio zio Luigi).
Tutte le persone con cui mi sono incontrato hanno riportato di essere pronte ad aiutare il proprio partner qualora si dovesse trovare in condizioni di malattia o di sofferenza. Questa mutua assistenza non è presente solo nelle relazioni più durature ma anche in quelle di più recente formazione.La mancanza di supporti sociali e, in alcuni casi, famigliari ha portato la coppia gay ad essere disincantata nel percepire se stessa come immortale. In caso di bisogno si può contare solo sul partner o sulle amicizie. Non tutti possono affidarsi al sostegno famigliare.
L’AIDS ha colpito in maniera devastante la comunità omosessuale. Tutte le persone incontrate hanno riferito di avere amici sieropositivi al virus hiv e che hanno perso amici o compagni a causa dell’AIDS. Alcuni di loro sono stati contagiati dal virus. Di riflesso, anche la caducità dell’esistenza e la presenza della morte è parte dell’orizzonte relazionale omosessuale (è parte dell’orizzonte di tutti gli umani, ma spesso si dimentica).
E’ stato confermato dalle persone da me contattate che capita ancora, soprattutto al sud, che in caso di malattia grave che anticipa la morte il compagno sia escluso dall’assistenza del partner. La famiglia, anche se è stata assente per decenni, si riappropria del corpo del malato negando al compagno la possibilità di trascorrere gli ultimi momenti con la persona più importante della sua vita. I due maggiori centri ospedalieri milanesi che assistono le persone sieropositive o in AIDS conclamato riconoscono il partner (anche di sesso opposto) come interlocutore prioritario nel rapporto con il medico e per prestare l’assistenza alla persona ricoverata. Ciò è reso possibile dalla sottoscrizione, operata dalla persona in cura, di un documento in cui si autorizza la persona nominata ad essere il referente principale. Probabilmente questo cambiamento è dovuto alla diversa composizione sociale e di orientamento sessuale di molte persone in cura presso quei centri medici.
Il panorama della realtà gay ci appare differenziato tra la situazione presente al sud e quella presente al nord della penisola.La realtà del sud presenta un tipo di omosessualità legata al concetto di omosessualità mediterranea, caratterizzato da forti pressioni sociali che inibiscono la sua rappresentazione nei luoghi pubblici, una deplorazione dei comportamenti omofili ma che, al contempo, è accettata come rito di passaggio tra l’auto-erotismo adolescenziale e la maturità sessuale, pensata solo all’interno della relazione eterosessuale. Gli omosessuali meridionali emigrano verso Roma o le grandi città del nord per poter vivere serenamente. Il costume sociale, presente nelle piccole comunità, vede la donna portatrice del concetto di onore famigliare, rendendola non autonoma nelle scelte sessuali al di fuori del matrimonio. Questi atteggiamenti sono supportati da una ideologia maschilista che discrimina i comportamenti autonomi sia delle donne, sia degli omosessuali. Questa ideologia è assunta come naturale e insita nel comportamento umano, anche se essa è invece il frutto di una costruzione sociale che legittima la sua esistenza e la sua replicazione. La sua replicazione è funzionale al paradigma economico, sociale e culturale esistente. Lo stato stesso attua politiche discriminatorie nei confronti dei soggetti omosessuali, dando luogo ad un diverso accesso alle risorse collettive.
Dai colloqui intercorsi emerge che la mancanza di un modello di relazione gay e di un supporto famigliare ha portato alla costruzione di rapporti di coppia diversi da quelli che riguardano la maggioranza della popolazione eterosessuale. I concetti di onore, vergogna e quelli legati alla sfera sessuale sono o assenti o molto attenuati. Le stesse relazioni sessuali all’interno della coppia accettano la presenza di eventuali relazioni sessuali con altre persone, anche tra i partner ed una terza persona. I rapporti esterni alla coppia sono regolamentati da condizioni concordate congiuntamente. Nelle relazioni con altri si pratica il sesso sicuro, cioè prestando attenzione a non rimanere contagiati da malattie a trasmissione sessuale. La mancanza di un riconoscimento legale dell’unione gay porta i componenti della coppia a trovare forme di autotutela economica che li protegga nel caso in cui la relazione dovesse terminare o dalla situazione in cui uno dei partner dovesse morire. Le persone ricorrono spesso al confronto ed al dialogo per appianare e ridurre le tensioni che nascono all’interno della coppia. Il timore di vedere finire la relazione all’improvviso porta i partner ad essere molto rispettosi verso il loro compagno. Non esistono ruoli sessuali prestabiliti. Le categorie di attivo e passivo utilizzate nel mondo eterosessuale non sono riconosciute. Non viene riportato un diverso uso degli spazi domestici. I compiti legati alla gestione della casa sono affrontati insieme. Anche la vita sociale esterna alla coppia viene vissuta in modo paritario, sia insieme, sia separatamente. Poca importanza viene riconosciuta al denaro all’interno della coppia. Vige la norma del mutuo soccorso in caso di indisponibilità finanziaria di uno dei partner. La gestione delle risorse finanziarie, in situazione di normalità, è caratterizzata da modi che tutelano entrambi. E’ da rilevare che le persone contattate preferiscono “convivere” mantenendo ognuna la propria abitazione. Anche questo comportamento è derivato dal bisogno dei singoli componenti di sentirsi protetti nel caso in cui la relazione dovesse terminare. La mancanza di leggi a tutela della coppia gay influisce anche nel rapporto con la malattia. E’ presente il timore di non poter assistere il proprio compagno in caso di bisogno di quest’ultimo poiché , legalmente, la tutela spetta alla famiglia, anche se si è in presenza di rottura totale dei rapporti tra la persona gay ed i suoi parenti. L’AIDS ha portato ad una consapevolezza maggiore della caducità dell’essere umano, influenzando i comportamenti relazionali interni alla comunità omosessuale. Sono riportate distorsioni nell’utilizzo dei termini che indicano il rapporto di parentela e ci si relaziona con il partner usando la terminologia eterosessuale. Non esistono termini specifici che indicano la posizione del compagno nei rapporti con la famiglia del partner.
Possiamo concludere riportando una riflessione di Roland Barthes. L’autore nei Frammenti di un discorso amoroso sostiene che quello di osceno è un concetto che ormai si attribuisce più al sentimento che al sesso. Osservando la realtà delle coppie gay questo è senz’altro vero.5 Dicembre 2019 alle 10:40 #926403anonymousPartecipanteVeramente il post più interessante che io abbia mai letto in questo forum. Posso dire che io sono nella coppia definita chiusa e fedele, ovvero quella in cui nessuno dei 2 si mette le corna nel modo più assoluto. Sono parecchi anni che è cosi ormai e non è un auto-imposizione per valori cattolico-eterosessuali, semplicemente a noi questo rende felici. Cioè rende felici l’idea di appartenere sentimentalmente e corporalmente unicamente al partner. Ma, come ho detto più volte, non è una ricetta unica per la felicità, è quello che a noi rende felice.
L’unico passo nella nostra coppia che a volte non è chiaro è che noi 2 non ci siamo assolutamente limitati, non pensiamo “più col cervello e meno col pisello”, semplicemente il nostro pisello ci dice che vuole SOLAMENTE l’altro partner. Non riuscirei proprio ad avere rapporti con una persona diversa da lui, neanche volendo.
Quello che vorrei che fosse ben chiaro è che una coppia come la nostra, se sei sicuro dell’altro, non ti da alcun senso di costrizione o voglia di evasione. Semplicemente l’altro è tutto quello che vuoi e non trovi mai negli altri quello che il tuo partner ti da. Per questo la chiusura della coppia non è un peso e non hai proprio lo stimolo di tradire 😉
Per il resto mi sento di dissentire anche su un’altra cosa, quella secondo cui le coppie gay sono più fragili perchè non ci sono unioni civili. Ma ti serve un foglio di carta per avere stabilità di coppia? In un certo senso io sono più felice cosi. So che se sta con me è perchè mi ama veramente e non perchè c’è un foglio di carta che lo obbliga e in caso non mi amasse più sarebbero cavoli amari per lui. I diritti civili SERVONO E NE ABBIAMO BISOGNO per tutta un’altra serie di cose (pensione, assistenza sanitaria, successione ecc ecc) ma non di certo per rendere più stabile la coppia.
Non vorrei MAI che fosse un pezzo di carta a legarci e non il nostro sentimento. E te lo dice uno che sono più di 10 anni che è fedele ed in coppia con la stessa persona (e non sono neanche nella seconda metà dei 30 anni…)
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